Qualche settimana fa ti ho raccontato la storia di Martina, che ha scoperto, tramite screening prenatale, di avere in grembo un feto affetto dalla Sindrome di DiGeorge.
Ma cos’è la Sindrome di DiGeorge?
Vediamo insieme le caratteristiche di questa patologia e quali possono essere i vantaggi di una diagnosi precoce.
Sarò breve e schematica per permetterti di avere un quadro generale in poco tempo. Se poi ne vorrai sapere di più, alla fine dell’articolo troverai un link per approfondire l’argomento.
(==> Se ti sei perso la storia di Martina e vuoi leggerla clicca qui)
Iniziamo.
DEFINIZIONE:
La Sindrome di DiGeorge (sindrome da delezione 22q11.2), è una malattia causata da un difetto nel cromosoma 22, che determina lo scarso sviluppo di diversi sistemi del corpo.
EPIDEMIOLOGIA:
L’incidenza nel mondo è variabile da 1:6000 fino a 1:2000 nati vivi. Maschi e femmine sono affetti in egual proporzione.
EZIOLOGIA:
La Sindrome di DiGeorge è causata da una microdelezione del braccio lungo del cromosoma 22.
La microdelezione causa un difetto nello sviluppo di strutture embrionali da cui derivano il timo e le paratiroidi. Il difetto embriogenetico riguarda il differenziamento delle cellule della cresta neurale, da cui si formano cartilagini, muscoli e vasi sanguigni.
Nella maggior parte dei casi la sindrome è causata da una delezione “de novo” mentre nell’8-28% dei casi è ereditata da uno dei genitori per via autosomica dominante: basta cioè ereditare una copia alterata del gene coinvolto da uno dei genitori per manifestare la malattia.
PRESENTAZIONE CLINICA:
Il quadro clinico della Sindrome di DiGeorge è molto eterogeneo.
- anomalie cardiache
- ipocalcemia
- aspetto fenotipico con bocca piccola, rime palpebrali strette, padiglioni auricolari piccoli, naso prominente, ipertelorismo (distanza pronunciata tra gli occhi), micrognazia (mandibola piccola), palato ogivale e pienezza periorbitale
- alterazioni immunologiche
- infezioni ricorrenti
- manifestazioni autoimmuni come l’Artrite Reumatoide Giovanile, la Porpora Trombocitopenica Idiopatica, l’Anemia emolitica autoimmune, la Pancitopenia autoimmune, il Diabete, la Tireopatia autoimmune, la Vitiligine e l’Epatite
- anomalie otorinolaringee come la palatoschisi, l’insufficienza velofaringea, l’ipertrofia tonsillare
- disturbi dell’alimentazione e anomalie gastrointestinali
- problemi tiroidei
- anomalie odontoiatriche
- anomalie neuropsichiatriche
- anomalie ortopediche come piede torto, polidattilia, malformazioni vertebrali e delle ossa degli arti superiori, scoliosi
- basso peso alla nascita
- dita lunghe e sottili
- più rare: malformazioni renali, anomalie genitourinarie, malformazioni oculari, rallentata velocità di crescita sovrappeso (soprattutto in età adolescenziale)
DIAGNOSI:
La diagnosi viene formulata innanzitutto a partire dall’osservazione clinica e viene confermata attraverso l’analisi citogenetica.
Per diagnosticare la sindrome di DiGeorge è necessario utilizzare una tecnica molecolare, come la FISH, perché la delezione è troppo piccola per essere vista dalle tecniche di citogenetica classica.
Può essere effettuata la diagnosi prenatale, ma una villocentesi o amniocentesi classica non sono in grado di evidenziare il problema. E’ necessaria quindi una ricerca consapevole.
Come abbiamo visto nell’articolo che parla della storia di Martina, è oggi possibile effettuare un test di screening prenatale su sangue materno che ci dà indicazioni a riguardo. In caso di alto rischio è ovviamente consigliata un’indagine invasiva con tecnica molecolare FISH.
TERAPIA:
L’approccio terapeutico varia in base alle manifestazioni cliniche dei singoli pazienti.
Possono essere necessari interventi chirurgici per correggere difetti cardiaci, la palatoschisi, le anomalie della faringe o la compromissione del timo (trapianto di tessuto timico).
Questo da un punto di vista chirurgico, poi c’è tutto il resto, dall’ipocalcemia ai problemi del sistema immunitario.
L’espressione clinica della sindrome DiGeorge può essere molto variabile da caso a caso. Di conseguenza sono necessarie linee-guida multispecialistiche che tengano conto delle problematiche generali comuni a tutti i pazienti, ma allo stesso tempo siano personalizzate alle necessità individuali (vedi Le linee guida multispecialistiche dell’ “International 22q11.2 Deletion Syndrome Consortium”).
Una cosa però vale per tutti i bimbi affetti da sindrome di DiGeorge…
La qualità di vita dei pazienti può essere notevolmente migliorata attraverso una PRESA IN CARICO PRECOCE e PLURIDISCIPLINARE.
Giusto per fare degli esempi:
- la somministrazione di calcio immediatamente dopo la nascita permette la prevenzione di convulsioni e possibile sofferenza del sistema nervoso centrale
- il precoce intervento logopedico e di fisioterapia psicomotoria limita la difficoltà di articolazione e il ritardo del linguaggio e dell’apprendimento motorio
- la vaccinazione con vaccini costituiti da virus vivi attenuati (antimorbillo, parotite e rosolia) non è raccomandata qualora si osservi un difetto importante del numero dei linfociti T
Questi interventi sono fondamentali per poter migliorare lo stile di vita di bambini affetti da Sindrome di DiGeorge, ma molto spesso non vengono attuati subito.
Perché?
Perché spesso la Sindrome di DiGeorge è difficile da diagnosticare nei primi mesi di vita.
Di fronte ad un bambino con volto normale e segni clinici sfumati è difficile pensare in primis ad una sindrome. Nel caso della sindrome di DiGeorge la situazione si complica ulteriormente a causa dell’estrema variabilità del fenotipo clinico.
Così ci si trova di fronte a casi come quello di un bimbo di 4 anni che ha avuto la sua diagnosi e le cure adeguate dopo ben due anni e mezzo di vita:
- nato alla 38a settimana di gestazione da parto cesareo per pregresso cesareo, dopo una gravidanza fisiologica
- l’amniocentesi eseguita alla 16 a settimana non aveva evidenziato alterazioni cromosomiche
- In epoca neonatale furono riscontrati piedi torti bilaterali, criptorchidismo destro, una dilatazione dei bacinetti renali bilateralmente ed un difetto interventricolare sottoaortico ben compensato
- in prima giornata di vita presentò una ipocalcemia risoltasi dopo due giorni
- durante il primo anno di vita il bambino aveva presentato scarso accrescimento per difficoltà alimentari; le indagini diagnostiche eseguite per tale problema avevano evidenziato un reflusso gastroesofageo
- per quanto riguarda il raggiungimento delle tappe psicomotorie, ha gattonato a 9 mesi e camminato a 18 mesi, ed iniziato a pronunciare le prime parole a 9 mesi, ma tuttora presenta un’espressione verbale ridotta a monosillabi, con tonalità della voce nasale
- dal secondo anno ha presentato infezioni ricorrenti delle prime vie respiratorie trattate sovente con antibioticoterapia
- al compimento del secondo anno di vita fu ricoverato d’urgenza per broncopolmonite. Durante il ricovero fu riscontrata una piastrinopenia lieve, ipoparatiroidismo e valori di CD4 inferiori a 400
- all’età di due anni e mezzo fu richiesta consulenza genetica
Detto questo, ti voglio fare solo una domanda.
Si sarebbe potuto fare qualcosa in più per migliorare la vita di questo bimbo
affetto da Sindrome di DiGeorge?
Lascio a te le considerazioni.
Come ti avevo promessi all’inizio, se hai voglia di approfondire l’argomento, qui sotto trovi il link ad un interessante pubblicazione fatta dall’Associazione Immunodeficienze Primitive onlus e dall’Associazione Italiana Delezione del Cromosoma 22 Onlus.
==> Clicca qui per leggere l’approfondimento sulla Sindrome di DiGeorge
Noi ci vediamo alla prossima!
Roberta



La cosa da dire in primis ahimè è che in Italia la diagnosi prenatale è ancora lontana dal suo obiettivo primo che è quello di conoscere il prima possibile lo stato di salute clinico e genetico del feto, i mezzi per fare la diagnosi ci sono ma spesso, troppo spesso o non vengono utilizzati, oppure si ricorre ad un sacco di indagini inutili e costose.
Concordo perfettamente! Andrebbe ben distinto ciò che è davvero utile al feto e ai genitori e cosa invece può solo mettere ansia inutilmente.